Art. 6.

      1. Nel caso in cui l'attività di mediazione determini la conciliazione tra l'imputato e la persona offesa dal reato e, ove ritenuta necessaria, l'attuazione di condotte riparatorie e risarcitorie, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo, chiede al giudice sentenza di irrilevanza del fatto ai sensi dell'articolo 27 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, e successive modificazioni. Ove, malgrado l'esito positivo della mediazione, il giudice ritenga di dover acquisire ulteriori elementi per valutare la personalità del minorenne e, in ogni caso, per i reati più gravi, dispone con ordinanza la sospensione del processo e la messa alla prova ai sensi dell'articolo 28 delle citate disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, e successive modificazioni.
      2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo si intendono per reati più gravi quelli indicati dall'articolo 380, comma 2, lettere e), e-bis), f), g), h), l-bis) e m), del codice di procedura penale, nonché i reati previsti dagli articoli da 609-bis a 609-decies e 734-bis del codice penale.
      3. Nel caso di reati diversi da quelli di cui al comma 2, ove la mediazione abbia avuto esito positivo, la messa alla prova, eventualmente disposta, non può avere durata superiore a centottanta giorni.